Perché gli uomini hanno bisogno di sentirsi necessari
Gli uomini hanno bisogno di sentirsi necessari perché non riescono a sentirsi desiderati. Crediamo di dover essere degli eroi solo perché non riusciamo ancora ad individuare altri ruoli per noi
Stando alla guida di un magazine online sul mondo maschile, ho avuto modo di osservare un fenomeno curioso. Quando scriviamo di vittime di violenze sessuali perpetrate da uomini o dell’imposizione di ruoli di genere maschili, riceviamo moltissimi commenti interessanti. Ma quando scriviamo della “sindrome del bravo ragazzo” o di altri argomenti che riguardano uomini che non si sentono desiderati sessualmente, i commenti esplodono come se a dirigerli fosse Michael Bay. Questo è un tema dal quale gli uomini si sentono toccati in modo profondo e doloroso, e che ha a che fare con una sofferenza di cui, essendo la mascolinità egemonica quel che è, di solito non si fa parola.
Alcuni, come Hugo Schwyzer, hanno scritto di come gli uomini eterosessuali non si sentano desiderati sessualmente, ma questa è solo la punta dell’iceberg. È difficile sovrastimare le implicazioni profonde di questa idea, alimentata da un fenomeno che molti uomini conoscono bene: un fenomeno fondato su idee assurde e stantie sui ruoli di genere, così profondamente radicate nel subconscio che la maggior parte degli uomini non è nemmeno consapevole di averle.
Il problema di fondo è questo: molti, moltissimi uomini nella nostra società sentono di doversi rendere necessari, perché non riescono nemmeno a immaginare di poter essere desiderati.
Questo rendersi necessari può assumere molte forme diverse, tutte molto simili ai ruoli di genere tradizionali. L’impavido che protegge dai pericoli. Colui che provvede alle necessità economiche portando a casa la pagnotta. L’indispensabile aggiustatutto. Quello che risolve i problemi. Possiamo allungare la lista includendo tutti gli stereotipi del macho, fino a mettere insieme praticamente una reunion dei Village People. Questo è ciò che significa essere maschi nella nostra cultura: essere necessari.
Una delle critiche che più spesso vengono rivolte al femminismo, fin dalla prima ondata, è che il femminismo voglia rendere gli uomini superati, o inutili. «Se le donne sono in grado di [completare con una qualsivoglia competenza], perché dovrebbero avere bisogno degli uomini?» recita il ritornello, in ogni decade, in risposta ad ogni conquista femminile. E se è fuori discussione che si tratti di una critica legittima, è importante comprendere che essa nasce da un timore reale. Guardiamo alla parola chiave in questa frase, bisogno. Si tratta sempre dello stesso concetto, comunque si voglia articolare quell’obiezione. Il piano A, per gli uomini della nostra società, è corrispondere a dei bisogni, essere necessari, essere indispensabili. Non esiste un piano B. Se il piano A fallisce, siamo perduti, siamo alla deriva, non abbiamo niente. È una paura esistenziale, situata a un livello molto profondo.
C’è un’osservazione comunemente condivisa tra coloro che, come me, hanno lavorato in case di cura per anziani. Ha a che vedere col motivo per cui la popolazione di questi istituti pende pesantemente sul versante femminile, sul motivo per cui gli uomini muoiono a un’età inferiore rispetto alle donne. Ogni giorno coloro che si occupano di persone anziane si trovano ad avere a che fare con uomini in pensione che, non lavorando più e non portando a casa uno stipendio, non sanno per cosa stare ancora al mondo. Non sanno chi sono, né perché si prendano il disturbo di continuare a inspirare aria, se non c’è più bisogno di loro per qualche compito importante. Alcuni di loro trovano qualcos’altro per definire sé stessi, un progetto nuovo o una fonte di valore interiore. Altri semplicemente si arrendono e lasciano che la prima ondata di malattia li travolga.
La “crisi della mascolinità” che molti lamentano, il fatto che l’occupazione maschile stia calando a ritmi più veloci rispetto a quella femminile — la cosiddetta mancession —, la nostalgia culturale per un passato immaginario in cui gli uomini dominavano il mondo come colossi in doppiopetto grigio, costruendo, facendo e innovando Cose Importanti… Stesso problema. Tanto sul piano culturale quanto su quello economico, ci troviamo a un punto in cui molti dei fattori che rendevano gli uomini necessari sono svaniti o, perlomeno, sono stati drasticamente ridimensionati. Non abbiamo più bisogno che il 25% della popolazione sia occupata nella produzione di cibo, è sufficiente il 2%. Le donne non hanno bisogno che gli uomini provvedano al loro sostentamento, da che anche a loro si sono aperte le porte dell’educazione e delle opportunità di carriera. E tutto questo andrebbe benissimo, se solo ci fosse un piano B.
È probabilmente vero che i media sono il primo luogo a cui guardare per capire da dove traggano validazione le norme sociali. Una veloce occhiata ai media nella nostra cultura dimostra che essa rinforza continuamente l’idea che gli uomini debbano essere necessari. Tanto per cominciare, è un dato di fatto che se non compare un uomo non c’è nessuna storia (senza contare che gli eroi della fiction continuano ad essere in stragrande maggioranza uomini bianchi). Questa è una forma di necessità apprezzabile. Ma a un livello meno superficiale troviamo la struttura delle sottotrame “romantiche” presenti in tutti i film in cui vi sia un personaggio che si possa adeguatamente descrivere come “La Ragazza”. In ogni film d’azione, in ogni avventura di fantascienza, in tutti i film che sono stereotipicamente caratterizzati come fantasie di potere maschile, l’eroe conquista la ragazza sempre nello stesso modo: dimostrando di essere indispensabile, di solito salvandole la vita. Se non fosse per lui, lei sarebbe letteralmente morta.
È interessante invece che i film sentimentali spesso definiti come stereotipizzazioni di fantasie femminili in generale non presentino questa dinamica. Stranamente, però, anche questi raramente caratterizzano il protagonista maschile come l’oggetto del desiderio; lo sguardo femminile è tipicamente assente in queste storie. L’eroina tende piuttosto ad essere l’oggetto, e l’eroe vince dimostrando che il suo desiderio per lei è più grande, più speciale, più puro e così via. Nemmeno nell’ambito dei “chick flicks” in cui si celebrano le gioie della vita di coppia eterosessuale gli uomini appaiono desiderati e voluti.
Non è un discorso astratto il mio; quando questa dicotomia tra essere desiderati ed essere necessari mi fu fatta notare per la prima volta, provai una fitta profonda nel riconoscere, con imbarazzo, che era vero. Anche io sono contento quando posso soccorrere le mie ragazze, quando riesco a toglierle dai guai, a risolvere i problemi o dimostrare in qualche altro modo di essere indiscutibilmente necessario. Mi piace sentire che di me c’è bisogno perché anche per me, nonostante la mia civilissima consapevolezza di ruoli di genere e stereotipi, nonostante tutte le donne che mi hanno detto che sono sexy e desiderabile, ancora non riesco proprio a convincermi che mi si voglia. E anche se mi si vuole, questo può essere solo uno stato effimero e vago. Essere necessari, invece, quella si che è una certezza. Questa è una buona ragione per andare avanti.
È assolutamente incredibile quanto la sensazione di non essere desiderabili sia resistente ai dati empirici. Ci sono voluti molti anni e diverse ragazze prima che io cominciassi a sospettare che quando una ragazza stava con me forse non era solo per pietà. Ma anche con questo, e ancora oggi, mi sento più sicuro nelle relazioni quando posso offrire una forma di valore misurabile e necessaria diversa dal semplice fascino, indipendentemente dal fatto che mi si consideri più o meno affascinante. La mia ragazza ha bisogno di un passaggio all’aeroporto? Eccomi! Ha bisogno di un passaggio per l’ospedale? Ancora meglio! Le rare occasioni in cui posso dare una mano a pagare i conti quando lei è in difficoltà con l’affitto (il caso vuole che la maggior parte delle donne che ho amato faccia più soldi di uno scrittore squattrinato) sono ancora meglio, perché sto Provvedendo Alla Mia Donna, e mi sento confermato in ciò dal rassicurante fulgore di secoli di egemonia maschile.
Tanto perché sia chiaro: lo so che questo è stupido. So che si tratta di un becero condizionamento sociale e che queste donne mi considerano sessualmente ed emotivamente desiderabile. Ma un conto è saperlo e un altro è crederci. E quelli che non hanno una ragazza, che conoscono il morso pungente del rifiuto attivo, che desiderano disperatamente amore, sesso e il tocco di un’altra mano… Come possono credere di essere desiderati?
Il fatto è, come io stesso ho imparato trascorrendo lunghi periodi da solo, che quando commenti scherzosi del tipo «Ah, che volgarità, un uomo nudo!» si sommano a strascichi di rifiuto personale, si finisce facilmente per non sentirsi né desiderati né necessari. Forse siete abbastanza fortunati da avere un lavoro nel quale le vostre specifiche competenze sono indispensabili, e questo è un modo di sentirsi necessari nel quale ci si può buttare anima e corpo, ma non è lo stesso che essere necessari a una persona. A quel punto, l’idea che un’altra persona possa volerci è ormai scomparsa dietro l’orizzonte, in un’area indistinta della mappa che ricade sotto la definizione “QUI VIVONO UNICORNI CHE DISPENSANO DENARO GRATIS”.
È facile scivolare nell’amarezza quando non ci si sente desiderati, e così questa sfortunata congiuntura di dinamiche fa sì che la nostra cultura sia cosparsa di uomini induriti e arrabbiati per ciò a cui non possono porre rimedio e che percepiscono come un fallimento personale. È facile liquidarli come dei perdenti astiosi, o qualsiasi altro peggiorativo si preferisca, ma conosco troppo bene la loro sofferenza per considerarla infondata. Non pretendo di avere una soluzione, ma il minimo che possiamo fare è cominciare a individuare correttamente il problema.
di Noah Brand
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Noah Brand dirige il magazine web The Good Men Project.
Tratto da: Men Must Be Needed Because We Can’t Be Wanted
Traduzione di Giorgia Morselli
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